Continua il nostro viaggio di approfondimento nel mondo del termoarredo di design. Inizia la rubrica #ParolaAlDesigner, dove intervistiamo lo Studio milanese Meneghello Paolelli Associati, con cui collaboriamo dal 2012.

LA VITA DA DESIGNER

– Descrivete in 3 parole il vostro lavoro
M.P.A.: Pensiero Laterale, consulenza empatia, problem solving .

– Da dove è nata la vostra passione?
M.P.A.: A dire il vero me lo chiedo ancora oggi perchè faccio questo “mestiere”!
La passione è sicuramente maturata durante il percorso universitario, quando abbiamo realmente capito che avremmo avuto la possibilità di “creare e ripensare le cose” che quotidianamente utilizziamo. La differenza tra Creare ed Utilizzare è sostanziale!

– Come sono stati gli inizi? 
M.P.A.: Drammaticamente entusiasmanti! Il product designer è una professione poco “standard” sotto molti aspetti, quindi la via da perseguire non è dettata come altre professioni. Questo aspetto in parte ti fa navigare in fretta e in parte ti fa crescere velocemente. Noi siamo stati bravi e fortunati nel cogliere le occasioni e salire sui treni che sono transitati in quel periodo, consentodoci di conocere e relazionarci direttamente con i mercati di riferimento.

– Ci raccontate una vostra giornata-tipo di lavoro (se ne esiste una)?
M.P.A.: Chiaramente a seconda del periodo e dei progetti ci sono dinamiche diverse che modificano il concetto di giornata-tipo. Ci sono però due cose fondamentali e imprescindibili, che possono essere definiti una costante: il confronto e la condivisione dei progetti in corso e la selezione della playlist musicale della giornata (operazione che si ripeterà varie volte prima di sera, raramente è buona la prima!).

 

IL MONDO DEL DESIGN INDUSTRIALE 

– In che modo è cambiato – e sta cambiando – il mondo del design negli ultimi anni?

M.P.A.: Dal nostro punto di vista l’attività del designer è sempre più vicina al mondo della consulenza, in cui la conoscenza, il confronto e la sinergia con l’azienda sono caratteristiche sempre più strategiche per raggiungere gli obbiettivi comuni.

– Un oggetto di design culto che amate moltissimo (o più di uno)?
M.P.A.: Un pezzo di design che vorreste aver disegnato voi? 
In questo momento ho davanti agli occhi la lampada Tizio di R. Sapper per Artemide: è un ottimo esempio. Ma ce ne sarebbero 1000, sia tra i classici del design che tra i prodotti più recenti.

– Quale tra i vostri progetti vi rende più fieri
?
M.P.A.: E’ difficile privilegiare un progetto particolare, siamo piuttosto fieri della varietà di prodotti che negli anni abbiamo progettato. Varietà di settori merceologici, di clienti, di tipologie di prodotto, di materiali. Questo aspetto è molto evidente anche nei premi e riconoscimenti che abbiamo ottenuto: una delle cose che ci fa più piacere non è tanto il numero di questi, ma il fatto che sono stati vinti con clienti diversi e in settori diametralmente opposto.

– Chi o cosa vi ispira?
M.P.A.: In generale tutto. Nel senso che, come detto prima, diamo molta importanza al concetto di pensiero laterale, ossia da definizione “una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio particolare, ovvero l’osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema”.
In questo scenario ogni oggetto, ogni immagine, ogni esperienza può darci un punto di vista diverso attraverso cui interpretare un dato progetto.

– Il vostro stile: descrivetecelo
M.P.A.: 
E’ difficile individuare uno stile che accomuni il nostro lavoro. In questi dieci anni abbiamo avuto modo di lavorare su settori, tipologie, mercati e materiali talmente diversi da dare vita ad output il più distanti possibili per quanto concerne stile ed estetica. Potremmo però dire che in tutti una costante è l’attenzione al dettaglio.ù

MPA & RIDEA OGGI E DOMANI

– A che cosa state lavorando oggi per Ridea?
M.P.A.: In questo periodo stiamo ultimando un sistema di piastre che contestualmente diminuisce la quantità di alluminio utilizzata (e quindi il peso) e aumenta la resa termica di circa il 30% rispetto alle piastre attuali in catalogo. Le nuove piastre integrano anche un sistema di accessori orizzontale e verticale, posizionati perpendicolarmente rispetto alla piastra. Ridea ritorna quindi alle radici, focalizzandosi su quello che è stato la sua prima tipologia di prodotto, con la quale è nata.

– Avete realizzato diversi progetti per Ridea ce n’è qualcuno in particolare che vi piacerebbe ancora realizzare?
M.P.A.: 
Il “turboradiatore”.

– Quali sono i vostri obiettivi con l’azienda?
M.P.A.: Da quando abbiamo iniziato a collaborare con Ridea il nostro obiettivo è sempre stato quello di creare un percorso simbiotico, di crescita comune, che potesse coniugare la nostra visione creativa con l’indole innovatrice dell’azienda.

MPA: IL PROGETTO PIANO per RIDEA

-Tre aggettivi per il progetto Piano?
M.P.A.: Plain e Move, come i due modelli pensati e presentati a catalogo.
Un incontro tra movimento ed eleganza per rivedere il classico radiatore multicolonna.

– Da dove è nata l’ispirazione?
M.P.A.: L’idea è nata dalla volontà di dare movimento al radiatore estruso, che per definizione è formato da una sequenza di elementi orizzontali o verticali posizionati nello stesso modo.  In “piano” l’elemento estruso rimane uguale a sé stesso, quello che varia è il movimento relativo tra i vari elementi: regolare in “piano plain”, ruotato in “piano move” e scostato in “piano shift”.

– Quale pezzo della collezione preferite e perché?
M.P.A.: Il nostro preferito è piano shift, il più architettonico dei tre!

IL MONDO DELL’ARREDO BAGNO 

– Come vedete questo mondo oggi e che differenza c’è con gli inizi?
M.P.A.: Senza scomodare il passaggio ormai acquisito tra locale tecnico di servizio per la pulizia della persona e stanza dedicata al relax e al wellness, sicuramente la tecnologia è e continua ad entrare sempre più prepotentemente all’interno di questo ambiente, soprattutto, ma non solo per questioni legate alla sostenibilità ambientale ed al risparmio energetico.

Le due parole chiave legate al mondo del bagno che terranno banco per il prossimo futuro sono senza dubbio tecnologia e sostenibilità.

Il tutto deve essere intuibile, di facile lettura e deve rendere agevole l’utilizzo della stanza stessa in un’ottica green e di conservazione dell’ambiente in cui viviamo dai materiali utilizzati alla riduzione dei consumi e degli sprechi. Queste due chiavi si possono senz’altro coniugare in un qualcosa che potrà rendere la stanza bagno ancora più apprezzabile ed apprezzata all’interno del contesto abitativo stesso.

– Un oggetto di culto nell’arredo bagno?
M.P.A.: Forse il prodotto più di culto, e anche in qualche modo controverso, è la vasca freestanding. Controverso poiché necessita di spazio ed è “water consuming”, e per questi motivi negli ultimi tempi ha perso terreno rispetto ai sistemi doccia per le motivazioni elencate sopra. Di culto perché è sempre di più uno “status symbol”, una scultura formale che diventa protagonista della stanza da bagno.

– Come si pone Ridea, secondo voi, all’interno del settore?
M.P.A.: Ridea è un piccolo player riconosciuto ed osservato dagli altri player (anche molto più grandi di lei) come portatore di innovazione e di cambiamento. Negli anni ha sempre lanciato progetti “wow” anche alcune volte provocatori all’interno del settore stesso.

Ad oggi sicuramente date le premesse del mercato Ridea si trova in un punto di rottura verso il passato, ma slancio e continuità basato sui valori fondamenti del marchio: tecnologia, innovazione e sostenibilità.

– Perché Ridea?

M.P.A.: Lavorare per Ridea significa lavorare contemporaneamente con una piccola azienda, che ci permette una grande flessibilità e il contatto diretto con le persone al suo interno, e con una grande realtà . Ridea è la punta dell’iceberg di un gruppo industriale che opera nel settore del recupero e riciclo di materie prime metalliche, in grado di produrre prodotti di alluminio a con trasformazione diretta da rottami, recuperati e valorizzati. In questo scenario il nostro intervento, che si colloca alla fine di questo processo, acquisisce un senso e una consapevolezza unici, che difficilmente un designer ha la fortuna di provare.